sabato 20 ottobre 2007

contribuire alla crescita culturale e morale dell’Italia

In riferimento al tema alla 45° edizione della Settimane Sociali, in corso di svolgimento in questi giorni a Pistoia e Pisa ("Il bene comune oggi: un impegno che viene da lontano"), il Papa ha voluto richiamare la definizione del Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa secondo cui il bene comune non consiste in una “semplice somma dei beni particolari di ciascun soggetto del corpo sociale”.

“In passato, e ancor più oggi in tempo di globalizzazione, il bene comune va pertanto considerato e promosso anche nel contesto delle relazioni internazionali ed appare chiaro che, proprio per il fondamento sociale dell’esistenza umana, il bene di ciascuna persona risulta naturalmente interconnesso con il bene dell’intera umanità”, ha spiegato il Vescovo di Roma.

Nella sua prima Enciclica Deus caritas est, il Pontefice precisava a questo proposito che "la formazione di strutture giuste non è immediatamente compito della Chiesa, ma appartiene alla sfera della politica, cioè all’ambito della ragione autoresponsabile".

Infatti, continuava, “in questo, il compito della Chiesa è mediato, in quanto le spetta di contribuire alla purificazione della ragione e al risveglio delle forze morali, senza le quali non vengono costruite strutture giuste, né queste possono essere operative a lungo”.

Quindi, ha sottolineato, non è “compito immediato della Chiesa come tale” ma dei fedeli laici, in quanto cittadini dello Stato, “partecipare in prima persona alla vita pubblica e, nel rispetto delle legittime autonomie, cooperare a configurare rettamente la vita sociale, insieme con tutti gli altri cittadini secondo le competenze di ognuno e sotto la propria autonoma responsabilità”.

Tra le “emergenze etiche e sociali” in grado di minare la stabilità della società futura, il Papa ha annoverato “la questione antropologica, che abbraccia il rispetto della vita umana e l’attenzione da prestare alle esigenze della famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna”.

Tuttavia, “come è stato più volte ribadito - ha spiegato poi -, non si tratta di valori e principi solo 'cattolici', ma di valori umani comuni da difendere e tutelare, come la giustizia, la pace e la salvaguardia del creato”.

Nel suo messaggio il Papa ha quindi posto l'accento sui problemi relativi al lavoro in rapporto alla famiglia e ai giovani.

“Quando la precarietà del lavoro non permette ai giovani di costruire una loro famiglia, lo sviluppo autentico e completo della società risulta seriamente compromesso”, ha affermato.

Di fornte a queste sfide, il Pontefice ha rivolto ai cattolici l'invito a non reagire “con un rinunciatario ripiegamento su se stessi, ma, al contrario, con un rinnovato dinamismo, aprendosi con fiducia a nuovi rapporti e non trascurando nessuna delle energie capaci di contribuire alla crescita culturale e morale dell’Italia”.

Il Santo Padre ha infine toccato l’ambito dei rapporti tra religione e politica.

A questo proposito, ha ricordato la novità del messaggio di Gesù nel suo richiamo a una laicità della politica fondata sulla distinzione e sulla reciproca autonomia dei poteri della Chiesa e dello Stato.

“La Chiesa, dunque, se da una parte riconosce di non essere un agente politico, dall’altra non può esimersi dall’interessarsi del bene dell’intera comunità civile, in cui vive ed opera”, ha spiegato.

Per questa ragione, ha concluso, la Chiesa offre alla società “il suo peculiare contributo formando nelle classi politiche e imprenditoriali un genuino spirito di verità e di onestà, volto alla ricerca del bene comune e non del profitto personale”.
(tratto da Zenit)