venerdì 4 maggio 2007

ANDREA: 10 FRATELLI E UN SOGNO... ANDARE AL FAMILY DAY

Vorrebbero esserci anche loro, a Roma, il 12 maggio. Tutti e 13 insieme. Mamma e papà e 11 figli, a far conoscere all’Italia la loro famiglia fuori misura. «Una famiglia dove non c’è mai silenzio, dove la lavatrice funziona sempre, la lavastoviglie è carica dalla mattina alla sera», dove «la tavola della cucina sembra quella di un ristorante»; così si descrive Andrea, il grande di casa con i suoi 16 anni, in una email che è arrivata in redazione ad Avvenire. Una missiva scritta una sera al computer all’insaputa di mamma Alessandra e papà Ferruccio, nella mansarda della villetta a schiera che Andrea condivide con 3 dei suoi fratelli. Mi piacciono i vostri articoli sulla famiglia – scrive in sostanza Andrea. Belle parole, davvero: però la mia famiglia extralarge, in cui tutti si amano e si incoraggiano, nessuno la aiuta. «Non arriviamo nemmeno alla seconda settimana del mese, noi che siamo dimenticati da tutti, noi che ora è due mesi che non paghiamo la rata del mutuo e che presto ci ritroveremo senza casa grazie alle tante promesse non mantenute», racconta Andrea.

E lo ripete un po’ timido, accogliendo l’ospite nel bell’appartamento, spazioso e luminoso, nella campagna di Veggiano, 15 chilometri fuori Padova: vorrei andare a Roma perché sono orgoglioso della mia famiglia, di noi 11 che «non vestiamo griffati, calcio e divertimenti neppure sappiamo cosa siano», che aspettiamo la sera per accogliere il papà che torna dal lavoro col camion. Però anche per dire: possibile che una famiglia così sia ignorata da tutti quando va bene e dileggiata quando va male? «Be’, la gente a cui chiedo aiuto, assistenti sociali, assessori o quant’altro, mi guardano col sorrisetto stupido e mi dicono: chi ve l’ha fatto fare, di far nascere tutti questi figli, se poi non riuscite ad arrivare a fine mese?», riflette mamma Alessandra, 35 anni, nel salotto che è tutto un brulicare di teste brune, di gambe e di braccia infantili. «Però non mi sembra un buon ragionamento: io e mio marito volevamo una grande famiglia e i figli sono venuti, li amiamo uno ad uno e li rifarei tutti, dal primo all’ultimo. Certo che i figli sono responsabilità mia e di mio marito, ma credo che siano anche una ricchezza per tutta la società. Non ce lo ripetono sempre, i politici, che siamo in piena crisi demografica?», continua. Alle pareti della casa, pulita e ordinata, niente quadri, solo fotografie di tutti loro: Andrea (16 anni), Alessio (14), Giorgia (10), Giulio (8), Veronica e Sabrina (6), Alberto e Alessandra (5), Edoardo (3), Tommaso (20 mesi) e Samuele (7 mesi).

Le promesse non mantenute, scriveva Andrea, che frequenta come Alessio una scuola per cuochi e ora intrattiene i fratelli stendendo l’impasto per le tagliatelle. Il buono-bebé di mille euro, ad esempio, per tutti i bambini nati del 2006. Si dà il caso che l’ultimo dei Calò sia nato proprio l’anno scorso, ma l’assegno non si è ancora affacciato all’orizzonte. Oppure, per fare un altro esempio, il contributo alle spese scolastiche per il 2005-2006: mai arrivato. Possibile che il Comune non abbia un fondo per sostenere il pagamento del mutuo in caso di difficoltà (oltretutto, la banca che l’ha concesso è arrivata dopo 15 no: come fidarsi di una famiglia con tanti figli e una sola busta paga)? Possibile. Possibile che non sia prevista un’integrazione al reddito per pagare bollette, assicurazioni o spese straordinarie? Possibile.
Possibile che i Calò abbiano scritto a una nota marca di tortellini per chiedere un aiuto e per tutta risposta abbiano ricevuto buoni sconto per un totale di 5 euro? Possibile. Possibile che una celebre parlamentare di destra abbia assicurato alla famiglia un sostegno economico attraverso una raccolta fondi e poi dopo aver convocato i Calò al gran completo al Caffè Pedrocchi di Padova se ne sia andata di soppiatto senza nemmeno salutare? Possibile. «L’unico aiuto concreto – racconta Alessandra – ci viene dall’Oviesse, che ci rifornisce di vestiti ad ogni cambio di stagione». Mille grazie, davvero. Ma ci sono tanti altri bisogni.
Papà Ferruccio, 44 anni, fa quel che può, ha un buon stipendio, ma se per qualche motivo capita che non può guidare il camion, la busta paga si riduce drasticamente. «Parlano dei Dico e io rispetto la libertà di tutti – riflette Ferruccio –. Ma in tutta onestà mi sembra che il futuro non siano le unioni di fatto. Il futuro sono le famiglie, i figli. Il futuro siamo noi. Eppure, per le famiglie numerose non c’è nessun aiuto». Se lo stipendio scende, le spese quotidiane, quelle, non si riducono. Montagne di sapone in polvere per lavatrice sono accatastate in mansarda, frutto di un acquisto in stock. Viene la vertigine, a pensare ai chili di pasta che bollono in pentola ogni giorno, alle bistecche a rosolare tutte le sere, senza contare la frutta e la verdura... E il lavoro necessario a riordinare i due bagni, le tre stanze da letto e la mansarda, a rifare i quattro letti a castello e le tre culle. E la pazienza ogni sera di controllare che lo zaino di ciascuno sia a posto, preparare i vestiti, spolverare 22 scarpine... Ma poi la vertigine passa, ad ascoltare ancora le parole di Andrea: «Alle feste tra amici, ai locali alla moda, preferiamo le chiassose cene in famiglia, le lunghe code per la doccia, le litigate per i programmi tv, le grandi risate per i nostri pigiama party... Cari politici, la mia famiglia è questa. E a tutti scrivo che undici... per ora è il nostro numero, undici sono i figli che i miei cercano di tirare su. E undici è il numero di volte in cui ogni giorno ringrazio il cielo che esistano cose come la famiglia».