mercoledì 11 aprile 2007

Tra genio femminile e vero femminismo


Intervista all'autrice del libro "La donna a una dimensione”

ROMA, mercoledì, 7 marzo 2007 (ZENIT.org).- In questa intervista a ZENIT, Alessandra Nucci, autrice del libro "La donna a una dimensione. Femminismo antagonista ed egemonia culturale" (Marietti, 2006, pagg. 256 pagine, Euro 18), critica il femminismo che vuole cancellare il ruolo di madre e moglie, e indica nel genio femminile la via per la vera emancipazione.

Nel suo libro pubblicato accusa un certo femminismo di aver stravolto la condizione naturale della donna. Ci spiega il perché e come sarebbe avvenuto questo stravolgimento?

Nucci: Io accuso un femminismo d'élite di essersi appropriato delle giuste istanze delle donne per portarle a sostegno della costruzione di una cultura “antagonista”. Si tratta di una strumentalizzazione ideologica le cui radici si possono rintracciare fin dall’800, ma che negli anni Novanta ha trovato uno sbocco e una copertura nella teoria “di genere”, una riformulazione dell’antropologia di cui la maggior parte delle donne non sentiva il bisogno.

Lei sostiene che queste forme di rivendicazioni si collegano alla destrutturazione della famiglia da una parte e alle politiche demografiche e di riduzione delle nascite dall’altra. Può illustrarci questo passaggio del suo pensiero?

Nucci: Il genere impone un concetto di uguaglianza che in realtà porta all’uniformità, e si traduce pertanto in un indebolimento delle appartenenze e delle identità che formano la famiglia. Sono passaggi che risultano visibili in particolare se si segue l’evolversi delle conferenze e delle convenzioni dell’ONU. La Conferenza del Cairo del 1994 doveva occuparsi di popolazione ma ha visto una massiccia partecipazione femminista intenta a rivendicare i propri “diritti riproduttivi”, intesi come il diritto a non avere dei figli.

L’anno dopo, le stesse componenti hanno agito sulla Conferenza sulla donna a Pechino per ufficializzare, con abili strategie di organizzazione del “consenso”, la ri-definizione della parola “genere”. Si tratta di una conquista del territorio culturale, palmo per palmo, che poi si riversa sulla cultura mondiale, tramite un sistema ormai piramidale di enti e organismi, governativi e non, risalenti all’ONU, che hanno assunto tutti una componente educativa, e di cui la maggior parte di noi non sospetta neppure l’esistenza.

Tra le correnti culturali che lei indica come decisive in questa destrutturazione delle identità, vi è l'eco-femminismo, che lei sostiene essere un tentativo di favorire forme di panteismo neopagano. Può dirci qualcosa al riguardo?

Nucci: L’alleanza fra femminismo e ambientalismo si è formalizzata alla Conferenza mondiale di Rio de Janeiro su Ambiente e Sviluppo del 1992. Qui erano presenti decine di delegazioni femministe, che riuscirono a inserire nei documenti finali copiosi riferimenti alla condizione della donna. In questo modo, da questa conferenza che per la prima volta ha espresso una visione del mondo biocentrica, l’uomo è andato ponendosi sempre di più allo stesso livello della flora e della fauna, mentre alla donna è stato dato il ruolo di guardiana della natura, con la quale avrebbe in comune la capacità di dare la vita e la sorte di vittima della società patriarcale.

Il paradosso è che è proprio l'ambientalismo che confluisce nel panteismo New Age, e che ha per sacerdotesse le donne dedite alle filosofie orientali, ad avere diffuso la cultura che vuole oggi che sia tutto "naturale" e "olistico", dalle patate all'educazione. Però quando si tratta della naturale fisiologia della donna, ogni mezzo è lecito e opportuno per scorporarne la maternità e manipolarla con mezzi artificiali.

Queste teorie si sono innestate nel terreno già dissodato da una parte della teologia femminista, che nelle sue forme più estreme ha dato luogo a formazioni neo-pagane, e che tanto ha contribuito allo svuotamento dei conventi americani a partire dalla fine degli anni Sessanta.

In un capitolo del suo libro lei sostiene che la Chiesa non rifiuta in toto il femminismo, ma fa un ben preciso discernimento. Cosa intende?

Nucci: Mentre nella cultura “dell’accusa” in cui viviamo oggi le diversità sono esaltate per contrapporle, la Chiesa vede nelle differenze qualcosa che conduce alla relazione. E’ quanto scriveva il Santo Padre Benedetto XVI nella sua Lettera ai vescovi sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo, uscita nel 2004 quando era Prefetto per la Congregazione per la dottrina della fede. Sulle orme degli scritti di Papa Wojtyla, anche la Lettera ai vescovi metteva in luce il fatto che esistono valori e un “genio” distintamente femminili. Ma è fin da quando Paolo scrisse “non c’è più né uomo né donna” (Gal 3,27-28), che la Chiesa ha sempre affermato la parità fra i sessi, depurata della rivalità.

La storia e i documenti stanno ad attestare inoltre che non è nemmeno vero che celebri la donna solo se moglie e madre. Il solo fatto, infine, che per la Chiesa il modello di perfezione per tutti, maschi e femmine, sia una donna, Maria di Nazareth, dovrebbe essere prova sufficiente che il cattolicesimo è pro-donna per definizione. Per fortuna, se il lessico antagonista piega tutto alla tesi dell’oppressione patriarcale, oggi sono in maggioranza, anche se non fanno chiasso, le teorie femministe che valorizzano nella donna proprio questa grande propensione alla relazionalità.